È morto stamattina alle 3.37 Totò Riina, in degenza al reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma. Il boss aveva subito due interventi operatori nelle ultime due settimane: da cinque giorno, dopo l’ultimo, era entrato in coma. Il Procuratore di Parma Antonio Rustico ha disposto l’autopsia del cadavere, dal momento che il decesso è “avvenuto in ambiente carcerario e che quindi richiede completezza di accertamenti, a garanzia di tutti”.
Le condizioni di salute del capo dei capi erano critiche già da diverso tempo, e sono precipitate circa 10 giorni fa, quando è stato trasferito in terapia intensiva-rianimazione: reparto che ha lasciato solo da morto. I familiari non hanno fatto in tempo ad incontrarlo, nonostante avessero ottenuto ieri un permesso straordinario per visitarlo, firmato dal ministro della Giustizia Orlando con il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell’Amministrazione penitenziaria.
Totò “u curto” porta con sé nella tomba tanti segreti: pur ribadendo più volte di non prendere ordini da nessuno, a sottolineare il ruolo indipendente della mafia dalla politica, il boss si è più volte contraddetto dichiarando che “io non cercavo nessuno, erano loro a cercare me”.
Un irriducibile senza ombra di pentimento nonostante le 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi. Ricordiamo le sue confessioni, fatte ad altri detenuti, sull’omicidio del generale Dalla Chiesa: “Quando ho sentito alla televisione, promosso nuovo prefetto di Palermo, distrugge la mafia… prepariamoci gli ho detto, mettiamo tutti i ferramenti a posto, il benvenuto gli dobbiamo dare”, e di quanto si vantava per gli attentati del ’92. In particolare sul giudice Falcone disse: “gli ho fatto fare la fine del tonno”, e della stessa fine minacciò il pubblico ministero Nino Di Matteo.
Finisce così Totò Riina, ma non l’ultimo processo a suo carico sulla trattativa Stato-mafia, in cui tanti accordi (e indagati) ancora rimangono avvolti nel mistero.