Posto il fallimentare approccio di Facebook alla lotta alle fake news, il team di sviluppo è arrivato alla conclusione che il miglior modo per garantire una navigazione sicura e scevra da contenuti poco attendibili sia quello di modificare il modo in cui le notizie vengono mostrate sul popolare social network.
E lo fa cambiando la priorità ai post, premiando i contenuti di famigliari e amici (o comunque conoscenti) a discapito di quelli partoriti chissà dove da chissà chi. Lo stesso Zuckerberg, fondatore e capo indiscusso di Facebook, ha recentemente affermato in una lunga intervista al New York Times: “Vogliamo assicurarci che i nostri prodotti non siano solo divertenti, ma che siano buoni per la gente”, perché “quando la gente interagisce con persone che le sono vicine, tutto acquista più significato e si è più soddisfatti. È positivo per il benessere”.
Un cambio di rotta sicuramente interessante, ma che scopre il fianco a qualche lecito dubbio. In questo modo infatti si rischia di vedere solo cose che si sanno già o peggio ancora contenuti che l’utente non apprezza ma che gli vengono mostrati come prioritari a causa dello stretto legame con la persona che li condivide. Insomma, un modo per combattere le fake news che rischia addirittura di promuoverle.
Attualmente però la politica aziendale in quel di Menlo Park sembra essersi spostata più sulla forma che sui contenuti, e questo traspare chiaramente dalle dichiarazioni di Zuckerberg: “mi aspetto che il tempo trascorso dalle persone su Facebook diminuirà, ma mi aspetto anche che finirà per avere più valore. E se facciamo la cosa giusta, credo che sarà un bene per la nostra comunità e anche per il nostro business nel lungo periodo”. Questo atteggiamento andrebbe a braccetto – continua Zuckerberg in un post sul suo profilo Facebook – con “la responsabilità di assicurare che i nostri prodotti siano non solo divertenti da usare, ma anche positivi per il benessere della gente».
Cambiano quindi gli obiettivi e le strategie del più grande aggregatore sociale virtuale al mondo. Probabilmente, con buona pace della trasparenza d’informazione.