Si cominciano a raccogliere i primi buoni frutti della terapia genica nella cura dei tumori del sangue: il New England Journal of Medicine ha pubblicato i buoni risultati di una nuova tecnologia, a base di CAR-T su 75 pazienti affetti da leucemia linfoblastica, tra cui un bambino italiano.
L’Ospedale Bambino Gesù di Roma ha infatti annunciato di avere sperimentato la cura su un bambino di quattro anni affetto da una forma acuta della malattia. Il piccolo si era già sottoposto a trattamenti chemioterapici e al trapianto di midollo osseo da donatore esterno, ma entrambe le volte si sono presentate delle ricadute.
Una malattia senza speranza, sembrava, ma dopo un mese dall’infusione delle cellule riprogrammate nei laboratori, i medici hanno diffuso la notizia che il bambino è stato dimesso, e non solo: nel midollo appaiono più cellule leucemiche. Rimane cauto Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica del Bambin Gesù; è ancora presto per parlare di guarigione definitiva, ma il piccolo è in remissione.
Vediamo però in cosa consiste questa tecnica innovativa. Per semplificare, si prelevano i linfociti T dai pazienti affetti da leucemia e si modificano geneticamente in laboratorio utilizzando virus. Tale modifica munisce i linfociti di recettori diretti contro gli agenti tumorali. Da questo impasto, le cellule che ora possiamo chiamare CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell) vengono reimmesse in circolo ai pazienti, con il “compito” di riconoscere e distruggere le cellule tumorali.
Questa cura immunoterapica sta continuando ad essere studiata nello stesso Ospedale per possibili applicazioni anche in caso di tumori solidi. In particolare, si tratta del caso di una bambina con neuroblastoma. Questo tipo di cancro tuttavia presenta qualche difficoltà in più, come quella ad esempio di raggiungere gli antigeni tumorali, per lo più interni, nonché l’ambiente attorno al tumore, spesso ostile.