Giorno cruciale in tema di vitalizi: dopo anni di polemiche, campagne elettorali e dichiarazioni si è arrivati al momento clou del dibattito.
A partire dal 15 settembre 608 parlamentari (417 deputati e 191 senatori) avranno diritto ad una pensione media di 1000€; l’erogazione della pensione sarà posticipata al compimento dei 65 anni di età nel caso in cui non vengano rieletti.
Vitalizi è forse allora una parola da abbandonare per passare ad un più calzante “pensioni aggiuntive”.
Immediata la risposta del M5S, che ha fatto della questione strumento di dissenso già ben prima del suo ingresso in parlamento. E oggi la bomba è esplosa: i rappresentati del movimento si sono appellati al Presidente del Senato e alla Presidente della Camera durante una conferenza stampa a Montecitorio.
“Questo è l’ultimo atto forte per dire che noi vogliamo rinunciare” ha dichiarato il deputato Simone Valente, aggiungendo che il movimento chiede di “applicare la legge Fornero anche ai parlamentari e avviare subito modifiche legislative per l’equità tra chi è nel Palazzo e chi è fuori”.
In poche e chiare parole tutto il M5S chiede di posticipare l’età per il diritto alla pensione dai 65 ai 67 anni, o addirittura dai 60 ai 67 nel caso in cui si prosegua il proprio mandato per un’ulteriore legislatura.
Nonostante sia stato di fatto abolito il vitalizio (ricordiamo che la pensione viene calcolata in base ai contributi versati, esattamente come accade per ogni altro cittadino), il Vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ha equiparato la vigente pensione a “privilegi medievali”, che il Movimento promette di interrompere quando e se sarà al governo.
Il progetto è quello di dirottare i circa “17 miliardi che servono per i loro privilegi alla gente che ne ha bisogno”. Va però sottolineato che lo stesso Di Maio aveva denunciato che l’ammontare annuo delle pensioni parlamentari era pari 215 milioni di euro. Serviranno quindi ben altre fonti e risorse per il paventato reddito di cittadinanza.