Il nuovo anno non è iniziato neanche da una settimana, e già bisogna fare i conti con la prima tragedia del mare. Un gommone che trasportava diverse decine di migranti è affondato al largo delle coste di Tripoli, portando con sé in fondo agli abissi la vita di almeno venticinque persone.
Secondo le prime ricostruzioni, a causare la tragedia è stato il cedimento strutturale della stessa imbarcazione, partita poche ore prima dalle coste libiche. I corpi recuperati fin’ora sono otto, ma le vittime sicuramente di più. I superstiti accertati sono 85, ma dalle prime indiscrezioni risulterebbe che sull’imbarcazione di fortuna si trovavano almeno 150 persone. Troppe, per un gommone così malconcio. Numeri alla mano, il conto delle vittime potrebbe essere ancora più grave: sottraendo al numero ipotizzato di migranti quelli tratti in salvo e i deceduti, i dispersi sarebbero almeno una trentina.
I naufraghi sarebbero stati in acqua per ore
A dare la notizia è stata la ONG tedesca Sea Watch, a cui la marina militare italiana aveva fatto richiesta di fare un sopralluogo nel punto dell’incidente. Il gommone è stato originariamente individuato da un mezzo aereo che perlustrava l’area in seno alla missione europea Sophia, che da tempo si occupa della sicurezza dei migranti nel Mediterraneo. Quando la Sea Watch è arrivata sul luogo indicato, il barcone era già semisommerso, e molte vite già spezzate; il che fa pensare che i soccorsi non siano stati immediati. Il luogo esatto è ubicato a circa 40 miglia dalle coste libiche, e sin dai primi istanti si sono affiancati ai soccorritori tedeschi quelli italiani con la nave Diciotti in dotazione alla Guardia Costiera.
Ulteriori dettagli arrivano dalla ONG iberica Proactiva Arms, che conferma la lunga permanenza dei naufraghi fra le gelide acque del Mediterraneo prima di essere tratti in salvo, nonché l’alto numero – per quanto provvisorio – di morti e dispersi.