Il drammatico bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito il confine tra Iran e Iraq sale vertiginosamente: 339 morti e oltre 2.500 feriti. Nella Repubblica Islamica si conta il maggior numero di morti, 328, mentre sono 11 nel Kurdistan. Numeri che potrebbero ancora lievitare: il ministro dell’Interno, Abdolreza Rahmani Fazli, ha dichiarato di temere per le aree rurali “dove si prevedono altre vittime”.
Nonostante gli ospedali da campo prontamente allestiti, aiuti e soccorsi devono però scontrarsi con la difficile geografia del luogo: il sisma ha causato frane e smottamenti, rendendo impraticabili molte vie di comunicazione.
Il terremoto è stato infatti di magnitudo 7.2, e ha colpito ieri notte ad una profondità di 25 km. Secondo le analisi effettuate dall’istituto geologico americano, le scosse hanno avuto epicentro a circa 30 km sud-ovest dalla città di Halabja, nel Kurdistan iracheno. Le scosse sono state avvertite in tutta la zona mediorientale, da Israele fino in Turchia.
Proprio dalla Turchia arrivano cenni di aiuto e solidarietà che allentano la tensione con i curdi iracheni; ricordiamo che due mesi fa il Kurdistan è diventato formalmente indipendente tramite referendum, seppure il risultato non sia stato ancora messo in atto. Il primo ministro turco Binali Yildirim ha sottolineato che”La Turchia è al fianco delle vittime del terremoto che ha colpito il nord dell’Iraq, li consideriamo nostri fratelli”.
L’agenzia Irna ha diffuso il messaggio della Guida Suprema Iraniana Seyyed Ali Khamenei: “L’obiettivo dei responsabili ora è quello di accelerare gli aiuti e di soccorrere le persone rimaste intrappolate sotto le macerie”.
La zona più colpita è stata la provincia iraniana di Kermanshah; qui si trovano già il comandate dell’esercito iraniano e quello dei Pasdaran, il corpo delle guardie della rivoluzione islamica. A Kermanshah sono stati indetti tre giorni di lutto: scuole e università rimarranno chiuse, sospensione che non riguarda invece i dipendenti governativi.